Da Linkiesta, di Beppe Facchetti

Notoriamente capaci di avere cinque posizioni diverse anche quando sono quattro gatti, terminata la Prima Repubblica, i liberali si sono dispersi in tutte le direzioni, da destra a sinistra.

Dando vita a qualche velleitario partitino o più spesso coltivando il proprio individualismo, li abbiamo ritrovati un po’ ovunque da quando si sciolsero nel 1993 nei gelidi saloni dell’Ergife.

La gran parte si ritirò sdegnosamente, ma molti migrarono nella prima Forza Italia (quella dei liberali di massa), occupando ruoli inizialmente prestigiosi, poi sempre più marginali. Altri furono ospitati nel Patto Segni, nella Margherita e infine nel Partito democratico, nelle cui fila Valerio Zanone ha fatto una legislatura al Senato ed è stato anche redattore del Manifesto dei Valori.

Già parlamentare liberale, Andrea Marcucci, ha addirittura guidato i senatori dem fino a pochi mesi fa, quando l’ineffabile Enrico Letta scoprì con raccapriccio che il senatore lucchese era di genere maschile e gli fece pagare lo scotto, mandandolo addirittura a sbattere in un collegio scomodo, non in quelli blindati, regalati agli esterni con la signorilità autolesionistica tipica dell’ultimo Partito democratico.

Non sono comunque mancate presenze nella Lega e anche, con il prestigio di un filosofo crociano napoletano, il prof. Ernesto Paolozzi, nell’estrema sinistra.

Ultimamente, per non farsi mancare nulla, intellettuali di lungo corso liberale – per la verità non ex Partito Liberale – sono entrati in Parlamento a cercare di nobilitare le tradizioni un po’ così così dei Fratelli d’Italia.

A memoria di chi scrive non risultano adesioni ai Cinquestelle. Il Dna, talora un po’ arrugginito, in questo caso ha reagito con i suoi bravi anticorpi.

Fa dunque notizia il fatto che questi liberali sparpagliati stiano tentando una riunificazione. Si troveranno infatti a Milano, provenienti da tutta Italia, domani e dopodomani sotto le insegne del “Liberal Forum” (dalle 14,30 al Centro Congressi Fast di Piazzale Morandi, con cena al Cavour, guarda caso).

Un Forum nato a giugno in un convegno un po’ periferico, addirittura a Matera. Il promotore, Pietro Ruggi, un giovane avvocato materano che aveva lasciato da tempo l’illusione di Forza Italia, ha convinto molti esponenti del vecchio Partito Liberale ad una faticosa ma gratificante trasferta in Basilicata.

È stato un successo e, quando, poco dopo, la situazione politica è precipitata, i “liberali” berlusconiani hanno buttato giù Draghi e ridotto se stessi a corifei di Giorgia Meloni e pari grado di Matteo Salvini, quelli di Matera hanno deciso che forse era ora di fare sul serio, e organizzarsi, anche se la cosa continua ad essere un po’ contronatura.

Li vedremo venerdì e sabato all’opera, impegnati il primo giorno in una serie di tavoli programmatici, una specie di piccola Leopolda su economia, energia, giovani e lavoro. Poi sabato mattina, caleranno le carte della politica.

Non più la finzione dei liberali che osservano, giudicano, commentano, ma non entrano in politica perché troppo lontani da tutti. Ma liberali che vogliono dare una mano a chi può salvare un Paese che con Draghi stava quasi per riagguantare un ruolo protagonista in Europa ma che alle elezioni sembra anacronisticamente aver scoperto il sovranismo in tempi di urgenza europea.

I documenti che saranno presentati sabato ai partecipanti distinguono accuratamente tra contenuti e schieramenti.

Quello sui contenuti, predisposto da due ormai attempati ex segretari nazionali della Gioventù Liberale, pone le condizioni base per stabilire le future alleanze. C’è una specie di decalogo che tocca alcuni nodi sensibili, che devono servire a selezionare gli interlocutori.

Se, come si legge, sono prioritarie questioni come il garantismo, i diritti civili, la laicità dello Stato; se sull’Europa la scelta è federale e non, alla Meloni, confederale, è chiaro che la selezione è orientata. Sullo stato di diritto non si fanno sconti, sui conflitti di interesse non si transige. Facile capire che non vi è spazio per le ambiguità di tanti sedicenti liberali.

Non sarà un Amarcord, ma una scelta politica. Qualche amico di un tempo non è stato invitato, perché in questi anni il termine liberale è stato davvero troppo strapazzato. Un po’, va detto, come il termine socialista, e infatti nel documento del Forum si lamenta il fatto che questi due grandi filoni di pensiero siano stati penalizzati nell’Italia che contemporaneamente è stata quella del declino, del debito, della scarsa produttività, della non crescita, fino a incoraggiare populismo e sovranismo.

Non è un mistero che i partecipanti – che hanno finanziato l’iniziativa di tasca propria – abbiano simpatia per il Terzo Polo, ma nulla è scontato, perché i liberali hanno anche il difetto di essere esigenti.

Per ora, Calenda e Renzi sono stati solo informati. Verso Più Europa c’è molta attenzione, ma Marco Taradash si è arrabbiato perché questi liberali un po’ schizzinosi non lo hanno previsto alla tribuna e vogliono prima capire meglio cosa accade nella ex (?) casa radicale.

Sarà presente Alessandro De Nicola, che da tempo sta lavorando per mettere insieme i liberali, ma soprattutto ci sarà Sandro Gozi, perché la prospettiva vera del Forum è quella di Renew Europe e non mancheranno i saluti dell’Alde e quelli di Graham Watson, il liberale inglese a lungo leader europeo.
Tutti segnali che vanno in una direzione: dare contenuti liberali a un sistema politico italiano che ha visto troppi liberali fasulli avvicendarsi in questi anni sotto bandiere improbabili.

Non a caso, alcuni gruppi di liberali non ex Partito Liberale perché composti da giovani nati dopo la caduta del muro di Berlino o addirittura già nella Terza Repubblica, saranno presenti alla convention milanese come osservatori interessati.

La due giorni si concluderà discutendo e votando un documento politico. Nella bozza circolante è richiesto di aprire un dialogo operativo con Calenda, Renzi e Della Vedova.

A farsene interprete, sarà un’associazione intitolata “Forum Liberale”, che verrà costituita, con tanto di notaio, alla chiusura dell’evento.

Che sia la volta buona per vedere in campo non solo l’evocazione di un liberalismo astratto e spesso immaginario, ma la sua effettiva concretizzazione?